I DURI DI OKLAHOMA (OKLAHOMA CRUDE) |
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di Stanley Kramer, con George C. Scott, Faye Dunaway, Jack Palance, John Mills
(Stati Uniti, 1973)
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Cinema dei buoni sentimenti. La strada di Kramer è lastricata di buone intenzioni: i suoi temi sono nobili, i suoi personaggi ideali, le sue capacità registiche nulle. I DURI DI OKLAHOMA potrebbe essere un (cattivo) film degli anni venti: schematismo infantile della sceneggiatura, prevedibilità desolante della realizzazione, accademismo trionfante. Perfetto esempio di come il cinema si significhi totalmente nell'intervento registico. PARTY GIRL, di Nicholas Ray, del quale parlammo un paio di settimane or sono, è una opera basata su di un aneddoto (relativamente) banale. E valorizzata, fino ad elevarla ad opera d'arte, dalla regia. Che, con gli attributi specifici (scelta delle inquadrature, uso dell'ambientazione, sfruttamento psicologico del colore, caratteristica della direzione degli attori) riesce a piegare il soggetto a tutt'altri, e ben più alti, significati morali. Questo di Kramer parte da un soggetto (relativamente) valido. Ma l'impotenza della regia lo degrada ad illustrazione risaputa. L'avvenimento anche più glorioso, se visto da un occhio meschino, vi lascia indifferenti. Il film è interpretato da due grandi attori, ha vinto al festival di Mosca, ed è girato secondo i dettami della tecnica più aggiornata. E allora?
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
da vedere assolutamente
da vedere
da vedere eventualmente
da evitare
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